(Non avendo reperito
idonei indirizzi mail, la presente è stata inviata, inserendo il testo nel form della
Presidenza della Repubblica e alle seguenti: info@cortecostituzionale.it e centromessaggi@governo.it ).
Paese 24 gennaio 2014
Signor Presidente, Signori membri della Corte
Costituzionale, Signor Presidente del Consiglio, non certamente a Loro
devo rammentare che l’art. 1 della nostra Costituzione recita:
“L’Italia è una
Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.
“La
sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della
Costituzione”.
L’articolo uno, il preambolo, è quello su cui si
basa l’intera Costituzione del nostro Paese.
Non c’è bisogno di essere un giurista, né di
scorrere gli altri articoli della Costituzione, per capire che una legge
elettorale in cui pochi decidono, e non i cittadini, sia incostituzionale.
L’art. 1sancisce che l’Italia è uno Stato
Repubblicano in cui, dunque, la sovranità appartiene al popolo, che la esercita
nelle forme e nei limiti della Costituzione. È il popolo
dunque che “governa” e decide le sorti della nazione. Il rimando alla
stessa Costituzione non può intendersi nel senso di stravolgere il principio
basilare: la sovranità appartiene al popolo.
In concreto, invece, la realtà dimostra come la
sovranità sia stata sottratta ai cittadini e attribuita, di fatto, a un numero
limitato di persone che è ben inferiore a quello dei membri del Parlamento.
Anche nei partiti che si ritengono più progressisti o innovatori, le decisioni
sono assunte da un numero ristretto di persone. Ora, anche se si volesse
aderire a questo stravolgimento del principio, almeno paghiamo solo i pochi
individui che comandano e non anche i loro lecca piedi. Eppure ancora oggi si
discute se si debba attribuire, o no, agli elettori la possibilità di esprimere
le preferenze. Forse non si vuole capire che si sta discutendo se affossare, o
no, la democrazia!
Inoltre, il principio della sovranità estesa
presupporrebbe che i cittadini, o perlomeno quelli di loro che rispondono a
requisiti minimi di probità e competenza, dovrebbero poter “seguire da vicino”
l’attività di chi è chiamato alle cariche pubbliche ed elettive.
Perché in sessant’anni di Repubblica non s’è mai
pensato di inserire cittadini periodicamente estratti a sorte a partecipare ai consessi
pubblici? Ora che siamo giunti a un livello altissimo di automazione, perché
ancora si vota con la matita? E, perché
non introdurre consultazioni informatiche, ma formali, dei cittadini sulle
questioni più importanti?
Un sistema repubblicano, poi, comporta che non
possano esservi appannaggi a favore di nessuno tali da sovvertire la
sostanziale eguaglianza dei cittadini. Quando ciò si realizza, siamo di fronte
a concrete ipotesi d’incostituzionalità, che presupporrebbero l’annullamento
dei relativi provvedimenti. Ora, se solo consideriamo l’opacità dei compensi
pagati dallo Stato (non dovrebbero essere annualmente pubblicati?) e la
sproporzione esistente fra la misura esagerata degli appannaggi, sia per le
cariche elettive sia per le più alte funzioni pubbliche, in contrapposizione a
quanto i normali cittadini percepiscono (ieri ho dovuto versare 40 euro di mini
IMU per mia suocera, che ha solo l’abitazione di proprietà, 70 metri quadri, e
il reddito da pensione, 602 euro mensili), non c’è dubbio che siamo di fronte a
palesi violazioni dei principi fondanti della Costituzione. E, d’altro canto,
non dovrebbe essere un principio di valenza costituzionale quello per il quale
una funzione pubblica non si può da sée stessa
aumentare gli appannaggi? Non si tratta di una palese contraddizione e di
un’anomalia da contrastare?
Infine, non posso non accennare a un altro
aspetto: “Una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. I riferimenti alla
repubblica, alla democrazia e soprattutto al lavoro non presupporrebbero, in
concreto, che se non c’è lavoro per tutti, meglio non ci sono fondi per far
lavorare tutti, non può esservi il funzionario pubblico pagato oltre modo e, in
contrapposizione, chi arriva a suicidarsi perché non può sfamare i propri
figli?
La realtà è che non esiste un Paese al mondo dove
il sistema repubblicano e democratico sia realmente e correttamente
interpretato. Possiamo osservare, diffusamente, due anomalie concomitanti: il
governo di pochi, testimoniato dalla proporzione che ha assunto l’assenteismo
elettorale; la rinuncia a governare, evidenziata dalle leggi che favoriscono le
lobby e non il bene comune dei cittadini. In tal modo siamo giunti molto vicini
al fallimento anche di questa forma di Stato e di governo.
Io spero che l’esperienza e la caratura delle
Signorie Loro, insieme a un Loro rinnovato anelito repubblicano e democratico,
possano far assurgere il nostro Paese al ruolo di esempio mondiale di sistema
democratico reale. È solo così che si può esportare la democrazia anche nei
Paesi che ne sono privi. Sinora le armi non sono servite allo scopo, né
potranno mai farlo. Da che mondo è mondo, in positivo sono stati sempre
l’esempio e la coerenza a coinvolgere le masse; non altro.
Cordiali saluti.
Rocco Messina