Inviata ad un settimanale il 9 gennaio 1999 (non è stata pubblicata).

 

Caro Direttore,

ti scrivo perché, in modo forte e deciso, si parli dell’inalienabile diritto della gioventù (ma non solo di essa) ad essere educata. Impotenti, assistiamo ogni giorno ad una nuova strage degli innocenti, perpetrata in forme persino più sottili e atroci di quella che Erode ordinò al tempo della nascita di Gesù.

Leggiamo di neonati che, se fatti nascere, sono buttati come immondizia; di bambini e giovani venduti a pezzi per indegni trapianti, o interi per essere sfruttati per questioni di sesso o di danaro; di fanciulli trucidati e uccisi ad opera della delinquenza o durante evitabili guerre. Senza contare, poi, quelli che muoiono di fame o di indigenza.

Ma, ancora di più! Non ci rendiamo conto che quando leggiamo di giovani che distruggono la loro vita (e quella altrui) ubriacandosi, drogandosi, sfrecciando sui mezzi di trasporto, suicidandosi, uccidendo, e, insomma, auto-annientandosi e annientando, non siamo di fronte a pura casualità; si tratta, invece, di un preciso progetto educativo – o di un non progetto – di cui tutto il mondo adulto è responsabile!

È vero, nella storia del mondo ci sono alcune caratteristiche che sono state sempre più o meno presenti, come la prostituzione, la violenza, l’ingiustizia, ecc., e che, purtroppo, continueranno ad essere presenti. Ma non dimentichiamo che esse hanno sempre convissuto con altre, come l’altruismo, l’eroismo, la giustizia, l’amore; e che è la componente adulta della società a proporre i modelli da seguire e ad orientare sé stessa e la gioventù verso il bene o il male.

In una società pseudo-evoluta, come la nostra, pare che i concetti del bene e del male siano superati e che, in virtù di una cultura falsamente progressista, tutto sia neutro; essendo indifferente o comunemente accettato ogni comportamento. Ma non è così! Provate ad osservare quanti dei racconti, dei film e delle storie che vengono oggi confezionate hanno una “morale”, come una volta era chiamato il significato recondito di una storia; e quante volte questa morale è positiva! Qui si tratta molto più semplicemente, e andando più terra terra di quanto si creda, del tentativo di una cultura, illuminata da uno sfrenato egoismo, di giustificare sé stessa e i propri capricci.

Non solo, ma anche del tentativo di proporsi come modello per tutti, senza rendersi conto che, se tutti seguissero questo modello, se tutti fossero animati da sfrenato egoismo, ci si autodistruggerebbe.
Bene e male (Dio e il demonio) sono componenti del nostro mondo ed in ogni nostro gesto o in ogni nostra azione, immancabilmente, ci schieriamo dall’una o dall’altra parte!

E non è vero che non c’è un metro per capire dove (e cosa) sia bene o male; c’è, e ci è stato dato: “…Dal frutto riconoscerete l’albero. L’albero buono dà frutti buoni, l’albero cattivo dà frutti cattivi”.

Ciò che non produce giustizia, verità e, insomma, amore (che non è il sesso, ma è tensione verso il bene dell’altro e degli altri) non è buono.

I concetti che andavano culturalmente superati o rimossi non erano quelli del bene e del male ma, piuttosto, quelli “del buono e del cattivo”.  Quei concetti, cioè, che hanno giustificato il diritto di avocarsi il giudizio sui singoli senza esserne degni o senza pietà. Bisognerebbe ricordare invece: “…Come puoi togliere la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello, se hai una trave nel tuo”; “…Non giudicate, per non essere giudicati; perché sarete giudicati con lo stesso metro – cioè allo stesso modo – con cui avrete giudicato”.  

Tornando ai giovani, in qualunque contesto sociale tutto e tutti partecipano all’educazione della gioventù.  Non si tratta di un’affermazione di principio o di una dichiarazione di intenti. È la pura e sacrosanta verità. Volente o nolente ciascuno, nel proprio ruolo, con il proprio agire, lancia messaggi educativi o diseducativi, in particolare nei confronti delle componenti più fragili della società. Se questa è la verità, allora c’è bisogno che tutte le componenti (politica, cultura, spettacolo, scuola, famiglia, sport, lavoro, religione, ecc.) tendano all’educazione e non alla diseducazione!

Non è possibile che, tramite gli strumenti di informazione, si propongano massicciamente il successo, il consumismo, il sesso facile – circostanze sulle quali già si potrebbe discutere – e, contemporaneamente, gli sbocchi lavorativi diventino per i giovani sempre più difficili da raggiungere e lontani nel tempo (qui non si tratta necessariamente di dare un lavoro definitivo, ma di dare la possibilità a tutti, senza differenziazioni, di potersi guadagnare una seppur limitata autonomia economica). Una parte della delinquenza giovanile è sicuramente da correlare all’impossibilità di poter essere indipendenti economicamente, come molta parte del disagio deriva dall’incapacità di vedere un futuro in cui ci possa realizzare.

Non è possibile che nelle ore notturne siano pubblicizzati volgare erotismo e pornografia senza che nessuno intervenga. Perché non ci possono essere, per principio, orari “riservati solo agli adulti”! E perché i fenomeni di violenza sessuale, di tutti i tipi, trovano sicuramente in questi programmi elementi di stimolo. È pura ipocrisia, scandalizzarsi, poi, quando si legge di pedofilia, di sfruttamento a fini di prostituzione ed altro.

Non è possibile che nelle scuole si insegni ingiustizia, mancando di obiettività nei giudizi e facendo parzialità nell’insegnamento. Non è possibile gestire il potere non ponendosi reali obiettivi di equità e giustizia; né amministrando la giustizia in modo da alimentare l’ingiustizia. Non è possibile che non si riesca a percepire il disagio giovanile.

E quanti “non è possibile” ci sarebbero ancora da gridare! Qui c’è bisogno di un elemento culturale di rottura, non come nel ’68 in Italia, quando tutto fu strumentalizzato politicamente.

Qui c’è bisogno di una forte tensione culturale che ponga la gioventù e i giovani ai primissimi posti fra gli obiettivi mondiali da preservare e tutelare.

E non può pensarsi ad un terzo millennio senza che il problema dell’educazione venga posto prioritariamente nei programmi di tutti i governi e di tutte le organizzazioni internazionali, perché, altrimenti …potrebbe non esserci un terzo millennio.

Io sono fiducioso. Ma se l’egoismo adulto fosse ancora così pervicace da non voler modificare il proprio atteggiamento, allora rammento le parole tremende (fra le più dure mai pronunciate) di Gesù: “Se uno sarà di scandalo a uno di questi bambini, è meglio per lui che gli sia legato un macigno al collo e sia precipitato nel mare”.

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