Farneticazioni.  

Il tempo che mi resta da vivere non è poi così lungo e sono convinto che non farò esperienza di alcuni momenti che mi sarebbe piaciuto vivere. Ciò per diversi motivi.

Innanzitutto gli obiettivi che sono riuscito a realizzare nella vita non sono stati molti, ma pochi e buoni. Inoltre gli anni in cui viviamo sono caratterizzati da un abissale buio culturale e morale e, specie nel mondo industrializzato, sono poche le occasioni per assaporare pienamente la vita. 

Se non fosse per l’azione continua e misteriosa dello Spirito Santo, che continua nonostante tutto a illuminare tanti anonimi esseri umani, mi prenderebbe lo sgomento.

 

Un obiettivo che ho mancato è stata la laurea. Ho sostenuto solo quindici esami, circostanza che mi impedirebbe di esprimere opinioni obiettive in merito. Tuttavia, l’obiettività può talvolta superare anche il risentimento.

Innanzitutto mi chiedo: “Ma perché gli Enti pubblici impiegano tanto denaro in consulenze invece di rivolgersi alle Università? E gli atenei, invece di costituire dottorati per studiare le più eccentriche inutilità, non potrebbero orientare le loro ricerche in campi utili per la Pubblica amministrazione, le Imprese e la Società?”. E, ancora: “Non sarebbe giusto correlare i fondi assegnati all’attitudine delle gli stessi a risolvere le problematiche sottoposte dalla Pubblica Amministrazione?”.

Ricordo ancora le grandi dormite che in gioventù mi sono fatto sui libri di Diritto, in un periodo in cui avevo sospeso l’uso del caffè: erano gli anni fra il 1969 e il 1973. Centinaia di pagine di disquisizioni sulle varie teorie, senza che si pervenisse mai a una conclusione. Ed io che mi chiedevo attonito: “Ma perché piuttosto non si utilizzano tempo ed energia per risolvere i problemi e per suggerire le modifiche normative atte a evitare il contenzioso e i dubbi interpretativi?”.

Molto probabilmente c’è un interesse specifico a sancire la sostanziale incertezza della legge. Privando così il diritto della sua funzione principale: quella di orientare e governare in maniera univoca e positiva i comportamenti dei singoli e delle istituzioni.

Era l’epoca del “diciotto politico”, richiesto ed ottenuto dalla sinistra contestatrice, di cui mi sono rifiutato di approfittare. E quanti professori universitari indegni, incapaci e privi di personalità si sono succeduti sulle cattedre dei diversi atenei, aumentando di numero anziché diminuire nel tempo. Essi, custodi della cultura, hanno impedito a molti talenti di poter offrire il loro geniale contributo alla ricerca e alla soluzione dei problemi.

Ho conosciuto molti giovani, realmente validi e intelligenti, mortificati nelle loro aspirazioni e nelle loro straordinarie potenzialità a motivo delle vessazioni non di uno, ma di diversi professori: al terzo o quarto anno di università, esami ripetuti senza successo per cinque, sette volte! E’ mai possibile? E’ possibile che non rientri tra i compiti di un professore il fornire agli studenti indicazioni sulle metodologie necessarie per superare un esame?

Ritengo che le valutazioni delle prove individuali di qualsiasi tipo debbano essere pre-individuate e rese pubbliche. In caso contario la parzialità, l’ingiustizia e l’arbitrio sono sempre in agguato. La lode, poi, non dovrebbe mai essere disgiunta dalla capacità dei candidati di applicare la teoria alla realtà contingente e di suggerire soluzioni innovative.

Probabilmente è per questo mio atteggiamento fortemente critico che questa mattina, mentre godevo di una insolita e grande atmosfera di serenità e di pace, sono sobbalzato quando mia moglie, presa dalla concitazione, mi ha sollecitato a prenotare con urgenza on line un esame universitario per mia figlia pluri-laureata, che se ne era dimenticata andando al lavoro. Il forte contrasto fra lo stato di quiete in cui ero immerso e l’ansia del dover fare qualcosa di fretta ha fatto sì che scattassi come una molla, montando su tutte le furie. Alla fine di un incalzante e stizzito battibecco, in cui ho difeso strenuamente il mio stato di quiete rispetto ad una priorità che ritenevo infima,  ho solennemente dichiarato: “Prima di morire mi devo togliere lo sfizio di andare a urinare (veramente ho detto: “pisciare”) sul muro di un’Università!”. Siamo scoppiati ambedue a ridere di gusto: ho provveduto poi  a prenotare l’esame.

 

Le giovani generazioni, in maniera particolare, stanno subendo l’attacco fraudolento dei gestori del potere teso a rubare la vita e l’anima delle persone. Mediante l’ossessiva proposta di attraenti chimere, che conducono all’autodistruzione, sono state stravolte le più intime ed elevate aspirazioni dell’animo umano. Di qui i problemi: corruzione, disonestà, violenze inaudite, vizi, sballi e depressioni. Di qui lo sfruttamento di giovani vite, comprate per denaro e svendute poi come carne da macello.

Così accade che sia richiesto di lavorare gratis più del tempo dovuto e che le paghe siano inferiori a quanto è necessario per vivere. Ai giovani si cerca di chiedere sempre di più e spesso, anche se volessero, essi non hanno il tempo e le possibilità di vivere l’amore coniugale che un’unione stabile reclama per poter rimanere tale!

Sono proposti modelli fallimentari di vita sociale, come le convivenze: il decidere di stare insieme definitivamente come mariti e mogli, ma senza prendersene l’impegno! Come le amicizie di qualche giorno: relazioni e corpi in affitto per un’occasione o un breve periodo. Una specie di last minute in cui, senza essere prostitute o gigolò, ci si sceglie, ci si incontra per intriganti momenti di relazione per poi dimenticare tutto il giorno dopo, quando si torna alle proprie quotidiane occupazioni come se nulla fosse. Si è resa più intrigante quella che sostanzialmente assomiglia a una sorta di masturbazione, che rimane sempre un surrogato della sessualità piena. Invece di proporre come modello l’impegno che ha consentito alle generazioni precedenti di costruire con lavoro e sacrificio, ma anche con una vita godibile e serena, la crescita del nostro Paese!

Mi chiedo: “Ma davvero si pensa che dopo queste esperienze sessuali occasionali si torni alla propria vita quotidiana come se nulla fosse accaduto?”.

Non c’è nulla di quanto viviamo che lasci immutato il nostro essere; figuriamoci l’intimità svenduta al primo casuale partner che si presenta!

Compiango il futuro di queste persone che, quando si ritroveranno a raccogliere i cocci della loro vita, non se la potranno prendere con nessuno. Con nessuno, perché coloro che hanno incoraggiato i loro comportamenti inconcludenti, pervenuti nel frattempo al successo, avranno cambiato ruolo e si saranno trasformati in custodi e difensori dei valori e della morale; pontificando dalle poltrone del potere, che non molleranno facilmente!

Poveri noi. Povera umanità smarrita!

In un mondo che è stato costretto ad accorgersi di non essere così ricco ed opulento come credeva, si continua ad alimentare ancora con tanto ipocrita sfarzo, tanta insulsa esasperazione dell’apparire, un esagerato culto della propria immagine esteriore; solo esteriore!

    Già tempo fa avevo previsto il declino degli Stati Uniti, ora comincia a delinearsi chiaro anche il fallimento della cultura materialistica e dell’intero mondo occidentale che su essa è fondata. Senza urgenti e sostanziali correttivi si tratta di un modello ormai superato.

Il futuro richiederà un approccio alla vita più concreto, semplice, veritiero, umano; più condivisibile e condiviso dagli oltre cinque miliardi della popolazione mondiale, in gran parte non occidentale. Insomma, meno apparenza e più sostanza!

Senza ideali fondati sui valori base della convivenza sociale, sull’inviolabilità e sacralità della persona umana e della gioventù, non c’è alcun futuro.

Ma questi “aguzzini”, reali e virtuali, cosa ci guadagnano?

Forse la sensazione di esseri vivi, efficienti, pimpanti; di essere padroni del tempo, della ricchezza e delle persone. Illusi piccoli e grandi “Paperon dei Paperoni”, che pensano di aver ben pieno e solido il loro forziere di attributi e di potere. Che altro non è che marciume! Pensano di essere immortali, e lo sono realmente. Quello che non sanno è che vivranno la loro immortalità da soli, con il loro forziere pieno di incolmabile solitudine! Saranno seppelliti in pompa magna senza il loro danaro, che provocherà la rovina dei loro eredi che ne seguiranno le orme.

Lo si voglia accettare o no, in tutti gli aspetti ci sono delle priorità da rispettare. Se non ci si convince intimamente di ciò, bisogna ritornare sui banchi delle “Elementari” della vita.

 

Così, attraverso queste riflessioni scoordinate, sono arrivato a immaginare i momenti che non vivrò mai!

 

Un giorno in cui, in un luogo intimo, appartato ma convenientemente preparato per l’occorrenza, doce convocare le persone a me care. Almeno una volta nella vita tutti presenti. Nessun impedimento, nessuna occupazione che debba poter condizionare e sovrastare le emozioni. E nessun impeto organizzativo o moto che debba poter influenzare l’intimità e la percezione più completa dell’evento. Un giorno solo per noi, insieme, senza fretta!

Ho previsto tre occasioni, una dedicata esclusivamente ai nostri figli, una seconda con i parenti e una terza con amici e conoscenti. Salvo che per i miei figli, ho provveduto a mettere giù una bozza di invito. Ancora una volta tenterò di farmi capire in modo diretto ed efficace per non essere frainteso. D’altronde lo scopo della comunicazione è quello di trasmettere messaggi univoci per raggiungere l’obiettivo. Anche se bisogna tener conto che chi riceve la comunicazione potrebbe non capirne il significato letterale.

In diversi ambiti, anche ritenuti efficienti e professionali, vige il principio in base al quale bisogna “leggere tra le righe” per interpretare le comunicazioni interne. Non c’è nulla di più inefficiente e idiota: è l’esaltazione dell’incertezza e della mancata assunzione di responsabilità.

Torniamo alla mia bozza.

“Carissimo  …, io e Romilda desidereremmo passare una serata indimenticabile insieme a te e a ...

Siete perciò invitati a Marina di Camerota, il giorno ..., alle ore ...   . Appena entrati nel territorio comunale troverete un’apposita segnaletica che vi indicherà il percorso da seguire. Vi chiediamo ardentemente di seguire nei minimi particolari le seguenti istruzioni: non vi create problemi di come vestirvi e non portate alcun dono; una volta arrivati al cancello d’ingresso, azzerate le memorie, seguite le indicazioni per giungere alla casa e non pensate ad altro che a vivere intensamente i momenti che trascorreremo insieme. Appena ci incontreremo, guardiamoci negli occhi più lungamente e amichevolmente del solito, contrastando la nostra ormai inarrestabile consuetudine di coprire ogni momento con la logorroica serie vuota di parole per nascondere l’inquietudine. Per una volta nella vita cerchiamo di non affrettarci a dire insulsaggini e facciamo emergere dal nostro intimo veri sentimenti di amicizia e benevolenza reciproca. Ceneremo insieme.”

 

oooOooo

 

E’ autunno inoltrato e dopo qualche giorno di pioggia il tempo è sereno e la temperatura fresca ma mite. Ci troviamo appena prima dell’abitato di Marina di Camerota, sul pendio di una della colline che scendono fino al piano della strada per poi tuffarsi, più oltre, verso il mare. Nella parte alta della collina una folta siepe delimita circa tre ettari di terreno, a cui si accede da un cancello in ferro posto a qualche metro dalla strada. Sul cancello campeggia in bella evidenza un cartello: “Che Dio Vi riservi il quadruplo del bene e il doppio del male che farete agli abitanti di questa casa”. Dopo un vialetto lungo una quindicina di metri, delimitato da due filari di alberi di ulivo, si giunge ad un ampio parcheggio pianeggiante, dove la fa da padrona la tipica macchia mediterranea. Nella parte centrale del parcheggio, un arco di rampicanti dà accesso ad una piccola galleria formata da folte siepi intrecciate in cui s’intravvede lo svilupparsi di un buio sentiero. Sulla destra dell’arco un'altra indicazione: “Ingresso. Da questo punto in poi, chiunque voi siate, deponete ogni cattiveria e sarete benvenuti! La pace di questo luogo è stata costruita anche per voi; e sarà fatto tutto il possibile per difenderla. Il breve percorso che seguirete è solo apparentemente tortuoso: come tutte le strade che conducono alle cose realmente belle”.

 E, in effetti, su per il sentiero, largo circa un metro e mezzo ed alto appena per permettere l’accesso ad una persona di media corporatura, alcune fioche lampade illuminano una sorta di cunicolo che, curvando più volte a destra e a sinistra senza che s’intravveda l’uscita, si sviluppa per una ventina di metri. Alla fine, alcuni scalini in pietra riportano verso la luce naturale e conducono a un ampio e pianeggiante giardino con diversi alberi di frutta: soprattutto agrumi, ma anche albicocche, pere, mele, pesche, noci, mandorli. Più su del giardino s’incontra un vecchio casale in pietra, ben tenuto, con una facciata di circa quindici metri, a cui si accede tramite un’ampia scala, pure in pietra, sormontata da una cupola di vetro. All’interno, in un ampio ingresso, una scala interna, che conduce ai piani superiori e tre porte scorrevoli con vetri decorati. Sulla sinistra si ha accesso ad un grande guardaroba alla fine del quale ci sono sei servizi igienici. Al centro si intravvede una spaziosa cucina mentre a destra si sviluppa una vasta sala rettangolare, comunicante con la cucina. Nel centro della sala vi è un lungo tavolo rettangolare e delle sedie in legno massiccio e, sulla parete di fondo, un maestoso camino con la brace accesa. Ma lo sguardo, dopo essere attratto dall’insieme e dagli arredi che decorano la sala, viene letteralmente catturato dal panorama che si gode da una grande e spessa vetrata posta nel muro perimetrale di destra. Qui si percepisce nettamente di essere abbastanza in alto e si colgono, con un unico sguardo d’insieme, il cielo, il mare ed i variopinti colori del giardino e della collina, che si tuffa nel mare. E’ tale l’impatto da rimanere per un attimo senza fiato, prima di cominciare a lanciarsi con lo sguardo a carpire la bellezza dei tanti diversi particolari. 

All’interno io e mia moglie in piedi, davanti alla vetrata, ancora una volta incantati da quella vista, sempre uguale e sempre diversa nei suoi colori che, in questo momento, si mostrano sospesi e mutevoli nelle incantevoli tonalità di un tramonto prossimo a realizzarsi.

Vicini, ci guardiamo in silenzio. Ho i suoi occhi verdi nei miei. La guardo amorevolmente; siamo così vicini che mi vedo riflesso nelle sue pupille. La luce del tramonto evidenzia ancor più la bellezza dei suoi occhi e accentua la tenerezza del suo sguardo verso di me. E’ un momento: ci lanciamo all’unisono in un tenero e caldo abbraccio, seguito da un lungo bacio. Sembra ieri, ma è trascorsa una vita. Oltre trentacinque anni insieme; e abbiamo avuto il privilegio di poter arrivare a questa occasione ancora abbastanza in salute! Tenendoci per mano, rimaniamo in silenzio; qualsiasi parola non farebbe altro che rovinare tutto. Continuiamo ad osservare ammirati il tramonto.

Se questa è la realtà, quanto più bello sarà il Paradiso?

 

Sta per arrivare un’auto, saranno i nostri figli Stefano e Daniela. Sentiamo chiudere le portiere, si staranno incamminando lungo il sentiero. Questo ambiente l’ho pensato e voluto fortemente perchè si percepisse subito di essere in un luogo insolito: l’atmosfera e una dimensione di vita particolari, immersi in un paesaggio selvaggio e stupendo, seppur a portata di mano. Aprono la porta, si disfano dei soprabiti. Andiamo nell’ingresso per accoglierli e assieme entriamo nel salone. Davanti alla vista del mare ci guardiamo vicendevolmente negli occhi, con calma, in silenzio. Ci prendiamo le mani e ci abbracciamo, prima singolarmente e poi tutti insieme. Sempre in silenzio, ci godiamo gli ultimi bagliori dello stupendo tramonto. Lì l’animo si apre ad una preghiera spontanea: “Qualunque sarà il nostro futuro, Signore, noi Ti ringraziamo di questo momento!”.

Ci portiamo di fronte al camino, ci sediamo e iniziamo a discorrere con calma, attenti a misurare le parole. Con l’ausilio di vecchi album di foto e del computer ripercorriamo i tratti della nostra vita familiare. Io e Romilda siamo tuttavia consapevoli che le vite dei nostri figli sono proiettate verso il futuro e, pertanto, non vogliamo ancorarle eccessivamente alle nostre. Si tratta però di tanti bei ricordi. Umanamente non abbiamo raggiunto il successo, ma forse è stata questa la nostra fortuna: abbiamo attraversato la vita sin qui, pur con le inevitabili traversìe, nel complesso più che bene. Alla fine ci portiamo nel giardino, in cui l’illuminazione prende sempre più il sopravvento sugli ultimi bagliori della sera: il chiassoso rumore dei bambini ci fa capire che sta per giungere il resto delle loro famiglie, attardatesi sulla spiaggia della Calanca.

Ci attende la cena, a base di pesce arrostito e verdure e, successivamente, un piccolo spettacolo a sorpresa che abbiamo organizzato per i bambini.

Prima di andare a letto poi, ognuno di noi si ritirerà nel suo punto di osservazione preferito per godersi il panorama e ritrovare la pace con se stesso e con il mondo. E magari per alzare gli occhi al cielo e rivolgere una preghiera di ringraziamento a Dio che, in un’occasione come questa, è più facile sentire presente e vicino!            

Nei prossimi giorni cominceremo a pensare ai dettagli dei due incontri successivi.

 

                  2 dicembre 2009  (rivisto il 7 giugno2014)

 

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