Articolo sul n. 85 di “Dirigenza Nuova”, Ottobre 2005.

 

Da parte di un caro amico, non esperto di finanza e preoccupato del mio possibile stato di disagio, mi è stato chiesto se vi fossero ripercussioni sul mio lavoro in Banca d’Italia dalle vicende che stanno interessando il Governatore (ci si riferiva al dott. Antonio Fazio).

Ho risposto, senza esitazioni, di no.

A posteriori, dopo qualche giorno, ho cercato di analizzare l’origine della mia immediata e veritiera risposta.

Innanzitutto è una verità sia per quanto concerne l’attività del mio ufficio (Vigilanza-Cambi) sia, da quello che vedo, per la Filiale di appartenenza (tuttavia non è azzardato ipotizzare che ciò valga per buona parte dell’Istituto): si continua a lavorare con la diligenza e l’impegno di sempre, nonostante le ripercussioni.

Certo non mancano i commenti agli articoli di stampa che si susseguono, ma è costume farlo, brevemente, per tutte le questioni di un certo rilievo.

E’ anche certo che, in una prospettiva futura, ci si immagina la possibilità di cambiamenti.

Al punto in cui siamo forse sarebbe meglio accelerarli: non tanto in relazione alle persone, quanto alla necessità di pervenire ad uno svecchiamento sia nel Direttorio sia negli altri posti di responsabilità e, soprattutto, nella mentalità. E, certamente, è auspicabile una soluzione interna all’Istituto.

Non si tratta di rinnegare o rigettare la nostra storia centenaria ma, al contrario, di rivisitarne i contenuti, rendendola più vicina e attuale al momento in cui viviamo.

Non sta a me definire quale deve essere il futuro in Banca e della Banca, anche perché anch’io, per la mia anzianità di servizio, non posso avventurarmi in prospettive di lungo periodo.

Tuttavia si sente l’esigenza di un po’ di aria nuova.

C’è la necessità di valutare idee e persone non in relazione alla loro appartenenza o non appartenenza a qualche cordata (il discorso è sempre valido per qualunque contesto, anche all’esterno della banca) ma per il valore che incorporano.

C’è necessità di una riflessione sui programmi già definiti per valutare se effettivamente debbano essere portati a compimento o se, piuttosto, non sia il caso di ridefinirli ed aggiornarli perché risultino più efficaci.

C’è bisogno di dare maggiore enfasi al contributo di idee rispetto al solo peso del ruolo rivestito, seppur nel rispetto della gerarchia, e di rivedere e riordinare i meccanismi di comunicazione interna ed esterna.

Si intravvede, insomma, l’opportunità di pensare a soluzioni nuove, senza buttar via quello che di buono c’è nelle strategie e nei meccanismi passati.

Mi accorgo che, rispetto alla questione iniziale, ho divagato un po’. Vi ritorno subito.

Il fatto che le vicende che interessano il Governatore non hanno influenzato più di tanto la mia attività, oltre ad essere una verità, ha forse una motivazione. Nel nostro Istituto per lunga tradizione l’onestà, la dignità e la diligenza nello svolgimento del proprio dovere non sono state calate dall’alto. Esse non promanano dai Governatori che si sono succeduti nel tempo; si tratta di valori presenti nella gran maggioranza delle persone assunte nell’Istituto.

Una delle politiche più avvedute e positive nella Banca d’Italia è stata quella delle assunzioni. Fino a quando è stato (e sarà) possibile entrare nel nostro Istituto per merito e sulla base di criteri oggettivi, si è potuto attingere (almeno fin quando l’incentivo del trattamento economico di alto profilo lo ha consentito) fra le migliori risorse del paese.

Quanto alla dignità personale, all’onestà e alla diligenza, queste sono frutto diretto delle famiglie di appartenenza e dell’ambiente in cui ciascuno di noi è nato e cresciuto.

Affermo con tutta umiltà di aver sempre cercato di dimostrare grande dignità, onestà e diligenza nel lavoro e, specularmente, sono testimone del fatto che altrettanto ho potuto riscontrare per un gran numero di colleghi e colleghe.

E d’altro canto, sono grandemente grato all’Istituto perché si tratta di valori a cui ci è stato largamente consentito di non rinunciare.

Sono questi i valori che hanno contribuito a mantenere di alto profilo nel tempo il servizio reso dal nostro Istituto all’intera collettività nazionale, indipendentemente dal giudizio che la storia potrà dare su singoli suoi membri.

 Rocco Messina

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