Il rigore imparabile

A quindici anni, circa cinquant'anni fa, ero il rigorista infallibile della mia squadra di calcio, la Spes di Battipaglia, che militava nei campionati giovanili della FIGC e del Centro Sportivo italiano. Dopo essere stato un portierino di tutto rilievo, per la mia bassa statura e la diligenza tattica fui impiegato nel ruolo di libero.

Furono l'esperienza di portiere e l’ottima tecnica di cui disponevo, insieme alla lucidità e alla calma con cui affrontavo le gare, ad orientare probabilmente la scelta degli allenatori su di me.

Senza agitazione mettevo il pallone sul dischetto del rigore, mi posizionavo un paio di passi dietro alla palla, leggermente spostato sulla sinistra della stessa e, dopo qualche attimo di attesa dal fischio dell'arbitro, con l’interno del piede destro calciavo deciso a giro, piazzando la sfera sulla sinistra del portiere a non più di mezzo metro dal palo.

Un'eccezione la riservai a una partita amichevole in cui mi trovai a calciare contro il mio portiere, Nicola Rizzo, con il quale avevamo un’intesa tale che mi consentiva di passargli il pallone anche di tacco: in quell’occasione piazzai la sfera alla sua destra.

Smessa l'attività agonistica, mi sono trovato a calciare altre volte rigori in tornei aziendali, sbagliandoli malamente.

Tali errori, insieme ai numerosi rigori visti calciare nelle competizioni di altissimo livello nazionali e internazionali, sia con esito positivo sia sbagliati, mi hanno indotto a riflettere su come calciare un rigore in modo che non possa essere parato. Tanto più che noi italiani, notoriamente meno solidi dei nostri avversari dal punto di vista fisico e nervoso, di rigori decisivi ne abbiamo sbagliati diversi.

Dunque, quali sono i presupposti perché un rigore sia imparabile?

Ragionando dal punto di vista del portiere, escludo a priori i tanti rigori parati casualmente, perché ne ho visto anche molti in cui se il portiere non si fosse mosso avrebbe ricevuto la sfera fra le braccia. Escludo anche quei casi in cui il portiere tenta di condizionare il rigorista con espedienti vari, perché ritengo che si tratti di comportamenti scorretti, che gli arbitri dovrebbero sanzionare; allo stesso modo degli analoghi impropri espedienti di chi calcia il rigore.

Per inciso, ai miei tempi se nei contatti con gli avversari le braccia invece di essere tenute lungo il corpo spingevano l’avversario, si trattava di una punizione. Circostanza che non dava luogo alle odiose scorrettezze odierne, specie in area di rigore, talmente difficili da valutare da inficiare le gare e i campionati.

Chiuso l’inciso, l'unica possibilità reale del portiere di parare un calcio di rigore è legata a:

1) posizione del corpo corretta: ginocchia leggermente flesse, braccia piegate; occhi puntati esclusivamente sulla sfera;

2) estrema prontezza di riflessi e determinazione a lanciarsi per prendere o deviare la palla;

3) massima concentrazione, da mantenere per tutto il tempo che intercorre fra il fischio dell'arbitro e la battuta dell’avversario, in modo da cogliere con precisione il momento della battuta;

4) individuazione della traiettoria del pallone, comportandosi di conseguenza: dallo star fermi al tuffarsi immediatamente, senza esitazioni.

Ribadisco che considero un grave errore del portiere il lanciarsi sul lato opposto a quello in cui viene calciata la palla, alla stregua degli errori degli avversari quando non calciano la sfera nello specchio della porta.

Dal punto di vista del tiratore gli elementi che rendono un rigore imparabile sono i seguenti:

1) verifica preliminare del contesto di tiro: stato del pallone, assenza di avvallamenti del terreno o di altri elementi condizionanti (presenza di elementi di distrazione o comunque in grado di dar fastidio nella zona del tiro; illuminazione, ecc.);

2) stato psico-fisico non menomato da eccessiva stanchezza o eccitazione, da dolori muscolo-scheletrici e da respirazione e battiti cardiaci alterati; psiche esente da insicurezza o altri condizionamenti;

3) scelta preliminare del lato e dell’altezza dove indirizzare il pallone;

4) consapevolezza dei seguenti elementi tecnici:

a) il calcio al pallone deve essere deciso e niente affatto molle;

b) l’angolazione e l’altezza devono essere individuate, rispettivamente, a non più di mezzo metro dai pali e a non più di mezzo metro dal piano del terreno o dalla traversa della porta;

c) la rincorsa non deve condizionare un impatto perfetto fra il piede e il pallone; se necessario, indietreggiando dal pallone fino al punto di inizio rincorsa;

d) il momento della battuta deve cogliete di sorpresa il portiere: il vantaggio di qualche decimo di secondo e un tiro teso possono da soli essere elementi di successo: in relazione alla breve distanza, si riducono sensibilmente le possibilità dell’estremo difensore di raggiungere la palla;

5) recupero della concentrazione e della fiducia nei propri mezzi, anche chiudendo gli occhi per qualche secondo per estraniarsi da tutto e, infine, battuta decisa.

 

10 luglio 2017

 

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